Aston Martin DBX: Benvenuta, “MUSCLE SUV” !!! (Parte Prima)
Di Riccardo BellumoriIl suono: la seconda esperienza sensoriale vissuta da un essere umano fin dentro il grembo materno, dopo il senso del tatto, ed è grazie a queste esperienze che si sviluppano i primi gradi di coscienza e percezione.
Il “Sound”: il segno distintivo di un’auto, che ne accompagna la percezione visiva distinguendola per indole, caratterizzandone la presenza nello spazio esterno, rappresentandone contemporaneamente il respiro, il battito del cuore, l’espressione della personalità.
Matt Becker, Chief Engineer, quando parla di “sound” e di caratteri forti di una Supercar, evidentemente sa di cosa si parla: prima di entrare in Aston Martin ha iniziato la sua carriera e la sua passione dentro la Lotus più di 30 anni fa, e di caratteri forti se ne intende. Parlando della nuova e strepitosa Suv “DBX”, la prima SUV del marchio, l’ingegnere ha spiegato lo sforzo fatto per ottenere dal Biturbo V8 da 4 litri la capacità di offrire insieme, a chi la guida, sicurezza e prestazioni, la dinamicità di guida che ci si attende da vetture di questo segmento, ma in più un “Sound” caratterizzante e coinvolgente, quasi un segno di appartenenza ad un marchio e ad una storia leggendaria.
Aston Martin: figlia della velocità
Perché le storie di auto, in Inghilterra, sono sempre un po’ leggende. Come quella di un giovane meccanico ed un giovane pilota (Robert Bamford e Lionel Martin) che si incontrarono per dare vita ad una avventura a quattro ruote. E nel 1914 questa avventura segnò una tappa fondamentale: vincendo la cronoscalata “Aston Clinton Hill Climb”, il duo denominò da quel momento “Aston Martin” la propria creatura. E sempre leggenda vuole che artefice di questa denominazione fu Kate, la moglie di Martin, perché iniziando con la “A” il nome sarebbe apparso tra i primi in ogni elenco dell’epoca. Perché il genio è una prerogativa dell’animo femminile. Come la seduzione, che le Aston Martin hanno da sempre. E non è un caso che Presidente di Aston Martin Lagonda sia proprio una donna, Miss Penny Hughes, nominata “Commander of the Order of the British Empire”.
Certo, le cose non sono sempre andate per il verso giusto: le due Guerre, le difficoltà, i passaggi di consegne.
E finalmente, quel Sir David Brown, ricchissimo imprenditore che comprò Aston Martin nel 1947 e nel 1948 la “Lagonda” (marchio di auto di lusso) unendole in una unica forma industriale; e che segno per la “Aston Martin Lagonda Ltd” un deciso impegno commerciale battezzando con le sue iniziali, “DB”, le più gloriose e leggendarie berline stradali del marchio. Già, perché fino al 1947 la casa inglese sarebbe rimasta quasi esclusivamente una squadra sportiva. Ma a partire dalla “DB1” che vinse la “24 Ore di Spa” cominciarono piccole serie parzialmente poste in vendita a clienti privati.
Ed è infine con le “DB4” del 1958 prodotta in oltre 1.200 esemplari, e soprattutto con la “DB5” del 1963 (l’auto di James Bond) che esplode e si rinforza il mito Aston Martin, insieme alla vittoria a Le Mans nel 1959 con la bellissima “DBR 1”.
Un Brand che non ha dimenticato la sua tradizione artigianale
Una volta nata la stella Aston Martin, dall’inizio degli anni ’60 la produzione si orientò verso il target delle grandi Berline supersportive con grandi motori, benchè già la “DB5” dei film di “007” adottasse un corposo 4000 c.c. (a sua volta la cubatura della nuova Suv “DBX”, noblesse oblige…).
Per questo le nuove Berline, da quel periodo, furono motorizzate da “Big Block” Ford v8 americani, potenti ma non scorbutici, e soprattutto già da allora accompagnati da quel tipico borbottio basso e corposo da “muscle Car”. Perché l’attenzione ai particolari di Aston Martin non nasce oggi con la nuova “DBX”, ma accompagna ogni prodotto del marchio fin dalla nascita.
Per capire tuttavia la filosofia alla base della tradizione industriale di Aston Martin non basta cercare in rete o tra le riviste d’epoca le immagini dei vari modelli prodotti, ma occorre mettere alla prova i sensi.
Toccare la selleria in originale e canonica pelle “Connolly” o la radica di noce a specchio che circondava i “Gentlemen Drivers” che preferibilmente le acquistavano. O capire dai mille particolari quanta parte di occhi esperti, di manualità ed artigianato hanno da sempre guidato la produzione di Aston Martin. Impegno continuo di ore ed ore, ad esempio, trascorse nei laboratori di verniciatura a mano e rifinitura che arriva fino a nove strati di vernice; oppure la maestria nella lavorazione di alluminio, leghe e materiali innovativi che solo la formazione costante ed il know how ricevuto da chi lavora a Gaydon può garantire.
E’ anche tutto questo l’ambiente in cui nasce “DBX”, la prima nuova Suv di Aston Martin.
Benvenuti, dunque, nella prima vera “Muscle SUV”!
(fine prima parte) (leggi la seconda parte)
Riccardo Bellumori
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